“Storia di Trofarello” di Filippo Vagnone (1961)

“Storia di Trofarello” di Filippo Vagnone (1961)

Su questo panorama si innestava quello già accennato della lotta tra la Croce e la Mezzaluna; i Saraceni tentavano di soffocare l’Europa chiudendola in una tenaglia da Budapest a Granada. Erano sorti ordini ospitalieri per il conforto e difesa dei Pellegrini. Ora, dal baluardo che questi Ordini potevano opporre ai Mussulmani, dipendeva il respiro economico e la libertà dell’Europa. Fra questi Ordini emerse quello degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme detto poi di Rodi ed infine di Malta.

Al grido che annunziava il grave pericolo, Trofarello non poteva mancare di rispondere coi suoi uomini che al seguito dei Vagnoni, cavalieri di San Giovanni, si recarono in Terra Santa. Fra i molti, il martirologio del Sovrano Ordine Militare di Malta ricorda nei diversi tempi: 13… Fra’ Giovanni, 1407 Fra’ Ludovico, Ammiraglio di Rodi, 1462 Fra’ Prinvallo, 1474 Fra’ Antonio, 1502 Fra’ Marco, 1516 Fra’ Matteo, 1516, Fra’ Giorgio, Commendatore, 1522, Fra’ Corrao, 1533 Fra’ Andrea, 1546, Fra’ Giovanni, 1560, Fra’ Alessandro, 1560 Fra’ Lorenzino tutti dei Vagnoni di Trofarello.

Frattanto la potenza dei di Savoia stava accrescendo. A poco a poco, attraverso alleanze, guerre, sconfitte, vittorie, continui urti contro i Saluzzo, il Monferrato, le libere città, riusciva ad ottenere una supremazia che si rafforzava, di anno in anno. I piccoli nuclei indipendenti, vitali nella società medioevale, non hanno più motivo di esistere in quanto si vanno formando i grandi stati.

Al di là delle Alpi tutta la regione Francese è divisa solo più in due parti: regno di Francia e ducato di Borgogna, che finisce di soccombere alla astuta politica di Luigi XI. L’Inghilterra è unita, l’Impero, matrice del feudo, si sta spezzando.

Lo Stato della Chiesa acquista forza e vigore; Mantova, Milano, Venezia, Genova, Firenze e Napoli sono capitali di stati forti ed organizzati, nelle mani dei loro Signori che stanno forgiandosi signorie raffinate e nefande.

In Piemonte il destino ha definitivamente chiamato i Savoia a quella funzione che culminerà con la loro opera di unificazione dell’Italia. Trofarello entra in quest’orbita gradatamente conservando fino a molto tardi una certa indipendenza.

Per la cronaca notiamo che in questo lasso di tempo il ponte sul Po a Moncalieri costruito dai Templari, era crollato, e che urgeva il suo rifacimento. Dell’opera il comune di Moncalieri incaricò il Frate Filippo Vagnone di Trofarello, il quale, elemosiniere della abbazia di San Solutore di Torino, nel 1425 a tal fine si recava a Roma, ottenendo dalla Santa Sede di imporre delle collette su Vescovadi di Ivrea, Vercelli e Torino fino alla concorrenza della somma di seimila fiorini d’oro.

E da già che, una volta tanto, si parla di opere pacifiche, un altro Filippo dei Vagnoni 1’8 ottobre 1428 è sindaco di Moncalieri. Nel 1433 i buoni Trofarellesi con alla testa Antonino Vagnone, ancora gelosi della loro indipendenza… fiscale, si ribellano alla imposizione di pagare un « donativo » alla Regina di Cipro, Anna di Lusignano, sposa a Ludovico II di Savoia.

Intanto il paese di Trofarello stava assumendo fisionomia propria, separandosi a poco a poco dalla amministrazione puramente feudale. La vita a Trofarello, organizzata extrafeudalmente, è comprovata da diversi documenti tra cui ci sovviene una promessa di esecuzione di sentenza del 1396 in cui compare un Podestà di Trofarello, nella persona di Benvenuto Vagnone, presenti Antonius Abrachus cappellano dei S.S. Quirici e Giulitta ed arbitri Ludovico Vagnone Ammiraglio di Rodi e Martino Vagnone.

Tuttavia non si deve vedere in Trofarello come invece per altri paesi, una scissura tra le due amministrazioni e tra i due poteri, in quanto il Podestà del popolo era eletto dal consortile signorile di Trofarello, ossia dalla assemblea dei suoi feudatari, tanto che nel 1456 ai 3 di maggio si addiveniva ad una convenzione tra gli «uomini» ed i signori di Trofarello nelle persone di Petrino, detto Percevallo, Amedeo e Giovanni Vagnone.

Inoltre abbiamo nell’archivio comunale di Trofarello notizia di una raccolta di disposizioni legislative a carattere agrario, penale, civile, religioso, procedurale, amministrativo, probabilmente emesse al tempo dell’accordo tra il consortile dei feudatari e gli uomini di Trofarello. Tale statuto venne ampiamente illustrato e commentato con profondi argomenti storico giuridici dal troffarellese chiarissimo avvocato A. Balocco che ne fece oggetto della sua brillante tesi di laurea. Una certa forma di privilegio giurisdizionale a favore dei feudatari pare rimanesse in Trofarello fin molto tardi, come lo fa intravvedere una petizione del 1763 in cui la comunità chiede ad essi di provvedere Trofarello di una prigione adatta e sicura.

Fra queste opere pacifiche compare pure la convenzione 29 novembre 1461 dei feudatari di Trofarello col Padre Guglielmo Guidoti Prevosto di Moncenisio circa la parrocchia di Trofarello ed i suoi beni. Ormai la potenza savoina aveva spostato i suoi interessi sempre di più al di qua delle Alpi, spintavi dalla Francia, pericolosa vicina alla Savoia. Il Piemonte intero è sotto la dominazione di quella Stirpe e diventa principato dei Savoia. Il feudalesimo è un ricordo, ed incomincia una nuova società organizzata sotto una potenza statuale, che detta le sue leggi su un più vasto numero di persone e su di un più ampio territorio.

Le indipendenze finiscono per tutti, salvo le piccole autonomie di alcune limitatissime zone, feudi Imperiali o della Chiesa, e per certe Abbazie. Anche Troffarello diventa suddito del Principe. Ma caso raro, e che sarebbe degno di particolare studio, conserva antichi diritti di autonomia. Infatti come abbiamo citato, ancora molto tardi esso riconosceva l’amministrazione della giustizia fatta dai suoi Signori. In questo nuovo assetto, uomini di Troffarello si trovano a fianco dei Savoia. In particolare notiamo che Maggiordomo di Filippo II di Savoia, detto il Senzaterra, principe di vita agitatissima, è Giovanni Vagnone che fu suo compagno di peregrinazioni e sofferenze, di ribellione e di fasti.

Fu egli che con scrupolosa precisione, dal giugno 1462 al settembre 1467, tenne il diario dei conti e dei viaggi di quel Principe, prima, durante e dopo la sua prigionia. Per chi ama il romanzo della storia, facile sarebbe il paragone tra questo Giovanni ed Ivanoe, e tra Filippo e Riccardo Cuor di Leone, singolari personaggi che hanno molto in comune, sopratutto le sventure e la prigionia.

Nel 1472 il Cuneese era inquieto; risentiva delle guerre intestine Francesi e numerose erano le infiltrazioni politico religiose d’oltralpe. Il Duca a mantenervi la sua autorità vi inviava come Governatore Paoletto dei Vagnoni di Troffarello Signore di Castelvecchio, il quale ricoprì pure la carica di Sindaco di Moncalieri come già suo padre Filippo.

Intanto fra i Savoia ed i Marchesi di Saluzzo era scoppiata guerra per il predominio sul Piemonte occidentale. Questa guerra si fa sentire anche a Trofarello, prendendovi parte Filippo dei Vagnoni, quale comandante, col Miollans dell’esercito di Carlo I di Savoia (II Guerriero), all’assedio di Saluzzo che porta alla fine a potenza di quel marchesato nell’anno 1487. Filippo Vagnone di Trofarello, Signore di Castelvecchio, soldato, politico, letterato, introdusse l’umanesimo in Piemonte, fu Maggiordomo di Violante di Francia, moglie del Beato Amedeo di Savoia, che risiedeva nel Castello di Moncalieri.

Nel 1531 Antonio Vagnone è Generale delle Monete (Governatore della Zecca) di Sua Altezza Reale.

Con lo scoppio delle guerre franco-ispane, Paolo Vagnone di Troffarelo nel 1539 è Governatore di Vercelli, Ivrea e poi di Cuneo, ove fu ricordato per le difese fatte alla città e le peripezie della lotta della Controriforma Costui era già stato in gioventù ambasciatore presso gli Svizzeri, e Governatore della Torre di Roccavione.

In questo lunghissimo periodo di guerre, combattutesi in Piemonte, Francesi osteggiati dai Savoia, vinsero gli Spagnoli alla battaglia dì Ceresole nella quale perirono Carlo Vagnone già Governatore di Mondovì per la Francia e suo fratello Francesco, entrambi capitani nelle truppe Francesi. Vittoria che non ebbe esito sulle fortune spagnole in quella guerra. Dopo la pace di Créspy, la guerra tra Francesi e Spagnoli riprese; i Francesi occuparono Vercelli, devastando in modo orribile tutto il Piemonte. Moncalieri e Chieri caddero nelle mani Francesi e fu solo dopo la pace di Chateau Cambrésis (1559) che Tommaso Vagnone di Trofarello riceveva Moncalieri dal Governatore francese, Signor di Caillac, per rimetterla alle mani del Duca Emanuele Filiberto. Intanto il pericolo Turco si fa più vicino.

Caduta Gerusalemme, poi Rodi, i baluardi della libertà cristiana occidentale sono bloccati in duro assedio a Malta. In quelle operazioni militari di difesa muoiono due Cavalieri di Trofarello: Alessandro e Lorenzo Vagnone (1560).

Ormai lo stacco tra feudatari e popolazione è avvenuto: ogni anno che passa quei feudatari occupano cariche che li portano sempre più lontani da Trofarello, mentre di questo borgo, come di tutte le altre terre, si occupa la giustizia amministrativa dei Duchi. Si viene formando un consiglio di anziani, si preparano le liste per le future coscrizioni, si cerca di riattivare i commerci, di introdurre nuove colture, e di far fiorire la cultura.

I tempi però non concedono tregue pacifiche: cannoni, bombe rimettono in onore le fanterie; cessando la ragione di essere della milizia feudale a cavallo, le alte mura, le torri merlate si spianano per dar luogo a bastioni e terrapieni. Nelle altre nazioni gli eserciti sono già permanenti e nazionali. Spagna e Francia si contendono il primato del mondo e lottano con l’Inghilterra per le colonie. Sebbene la pace fosse conclusa, Emanuele Filiberto non potè rientrare in possesso di tutte le sue terre impoverite, bruciate, smozzicate e sanguinolenti. Molte fortezze erano state smantellate, non aveva più esercito, denari e provvigioni: nel cuore del suo ducato resistevano guarnigioni straniere.

Solo nel 1563 la Francia consegnava Chieri, che passava dal governatorato del visconte di Gorgon alle mani di uno dei Vagnoni di Trofarello che lo tenne per il duca Emanuele Filiberto. Nell’ultimo scorcio del sec. XVI il Piemonte, amministrativamente centralizzato diventò il più forte stato militare d’Italia e quasi il solo che potesse prendere una iniziativa politica durante l’egemonia spagnuola ed inserirsi nel gioco dei conflitti europei. L’Italiano accanto al Francese per la prima volta diventava la lingua ufficiale.

Mentre continuava il gioco politico di Carlo Emanuele I ed i Francesi si installavano a Pinerolo, il Piemonte veniva travagliato dalla peste. La popolazione di Trofarello, percossa da quella calamità fortunatamente in misura limitata, fece voto, a mezzo del suo sindaco Viotto, di costruire la chiesa di San Giuseppe in regione «Infermere» a scanso di più gravi possibili sventure. In questo periodo il Piemonte soffrì di uno stato di continua precarietà militare per l’occupazione Francese di Pinerolo e sue valli, dovuta all’invadente politica del Richelieu prima e Mazzarino poi. Trofarello non vive giorni tranquilli: nel 1631 agli otto di ottobre essendo sindaci Cassardo, Borgna, Oppesso e Bergoglio il nostro paese deve subire l’alloggiamento di soldati Savoiardi, Milanesi e Napoletani. In quest’anno sfortunato toccò ancora a Trofarello di alloggiare e mantenere il reggimento, soldati e ufficiali, di Gabriele di Savoia.

Nel 1635 essendo sindaci Catto, Lanza e Bergoglio a Trofarello si accampano Archibugieri a Cavallo; nel successivo 1636 essendo sindaci Canonico e Gilli si alloggia la Compagnia di Maurizio di Savoia; nel seguente ’37, sindaco Viotto, ritorna la Compagnia di Maurizio di Savoia ed il reggimento del principe Carlo.

Nel 1638, sindaco Giovannotto Oppesso, si accampa la Compagnia della Guardia di Madama Reale, negli anni seguenti sino al 1643 con i sindaci Bergoglio, Catto e Gilli, Borgna e Bonaudo, Bottallo e Gilli, Lanza e Rosso a Trofarello alloggiano gli Archibugieri a Cavallo.

Trofarello intanto risentì delle violenze perpetrate dalla spedizione punitiva del Maresciallo Catinat, mandato da Luigi XIV contro il Duca Vittorio Amedeo che si era segretamente alleato con gli austriaci contro i francesi. In quella rappresaglia senza pietà che si estese pure al territorio di Trofarello questo perdette il mulino della Spellua, ove essendosi accampati i soldati prima di una fazione e poi dell’altra, i raccolti andarono perduti, la cascina venne data alle fiamme e così fu per il molino di Ruvignano, raso al suolo, di cui rimasero solo le fondamenta come fa presente nel 1694 Alessandro Vagnone Ufficiale di S.M. nella visita di constatazione dei danni.

Ne il paese stesso dovette passare indenne questi anni in cui scomparve il fortilizio detto Belforte: nel 1693 con i sindaci Canta Candeliere e Bertone il paese deve sopportare una compagnia di soldati alemanni e nello stesso anno Biagio Collo oste dell’Angelo deve alloggiare uomini del Piemonte Reale che non rilasciano quietanza.

Nel 1699 essendo sindaco Rosso ritorna il Piemonte Reale. Oltre alla calamità causata direttamente dalle truppe occorre ricordare le continue corvées per gli approvvigionamenti di quei soldati, come quella del 1690 per la quale la comunità deve dare 87 falci a Torino per ordine di S.A.R. Appena il tempo di rimettersi da queste rovine, e già Trofarello si ritrova ancor più gravemente in altra guerra.
Nel 1703, Vittorio Amedeo, sperando di ottenere la Lomellina, Alessandria, la Valsesia, l’ultima parte del Monferrato e la possibilità di successione al trono di Spagna dichiara la guerra, gravemente provocato, a Francia e Spagna, appoggiandosi all’Impero, Austria (dove militava come generale Eugenio di Savoia), Provincie Unite e Portogallo.

La guerra fu terribile e cruentissima, tanto sui campi di battaglia come per le popolazioni che dovevano subire le soldatesche regolari e sbandate che cercavano approvvigionamenti ovunque; le difficoltà strategiche furono molte, dato il gran numero di fronti aperti contemporaneamente contro ogni guarnigione francese o spagnola che dimorava ancora nel nostro Piemonte.

Per la preponderanza dei nemici alleati, il duca dovette chiudersi in Torino, dove sostenne il pesante assedio risolto, si può dire miracolosamente, dall’intervento in extremis delle truppe Boeme e Ungheresi del Principe Eugenio. Trofarello ancora una volta doveva pagare: e questa volta le corvées si susseguivano, ordinate dal Duca e dai Francesi contemporaneamente, col risultato che il nostro paese fu stremato.

Nel 1704 un carico di pane deve tenersi pronto a partire, dai campi, per ordine del duca di Savoia. Il 28 aprile dello stesso anno si ha una leva generale di tutti gli uomini validi per un «brevissimo servizio» militare in Chieri, pagato.

Nel 1704, i sindaci Oggero e Cossa non fanno che ricevere continui ordini di portar carri di pane e di fieno in Torino, con bovi e bovari.

Nel 1705 vengono richiesti a Trofarello 15 carri e 8 uomini per levar fortificazioni, ordine al quale fa immediatamente seguito quello di inviar 20 uomini validi.

Nel 1706 arrivano ai Sindaci ordini immediati: mandar al campo di Torino uomini con zappe, ed in data 16 maggio: inviar a Torino cestoni, gabbie e cabasse e pale, ed alloggiar a discrezione soldati di cavalleria allemanna. Intanto nel 1706 i Francesi pongono quartier generale a Chieri. Gli ordini di inviare corvées continuano, ma questa volta sono firmati in nome del rè di Francia. Infatti in quell’anno arrivarono alla comunità di Trofarello tali e tanti ordini di inviar al Quartier Generale di Sua Maestà Cristianissima in Chieri le «dovute contribuzioni» che la comunità esausta invia una supplica all’Intendente Generale perché Trofarello stremata dalle contribuzioni, di legna, foraggi, vetture ecc, non può pagare le 5000 libbre richieste. Gli accenti di quella supplica dovettero essere così commoventi che il paese viene salvacondottato per ordine del Cavalier di Chateaufort, Brigadiere del rè di Francia per le armate di Piemonte, Governatore Militare di Chieri, per via di una intercessione del Maresciallo di La Feuillade. Ma questo intenerimento non durò perché subito dopo arriva l’ordine ai Sindaci Cossa e Roggero di pagare quelle benedette 5000 libbre. L’ordine «immediatamente», tanto per far buon peso, è seguito dalla intimazione di consegnare carri e vettovaglie a Chieri e Moncalieri, ora anch’esso in mano Francese.

Il 18 luglio 1706 Réne Desgrigny, consigliere del rè di Francia chiede approvvigionamenti di vario genere entro ventiquattr’ore al campo davanti a Torino. In caso di disobbedienza Trofarello dovrà patire il saccheggio e l’incendio. Nello stesso anno i Sindaci Cossa ed Augero fanno la stima dei danni subiti dalle soldataglie francesi e spagnole, mentre si susseguono sempre più frequenti ordini minacciosissimi. Il 3 agosto 1706 il Sindaco di Trofarello deve presentarsi al campo sotto Torino, pena, se non viene, di esecuzione militare. Intanto c’è una curiosa serie di ordini alla comunità di Trofarello intimanti il portar ripetuti carichi di ghiaccio per il conforto dei Sigg. Uffiziali Francesi in Moncalieri.

Il 6 agosto 1703 il Maresciallo La Feuillade ordina alla popolazione di Trofarello di rendere quattro cavalli rubati al Capitano Bastard, oppure di rimettere a mani di detto Capitano il loro valore stimato a 9000 libbre, sotto pena di perquisizione diligente e di esecuzione militare.

La comunità di Trofarello replica per bocca del Priore Niccolo Vagnone di Trofarello e del Sindaco Cossa che detti cavalli non sono stati rubati dai contadini di Trofarello i quali sono obbedientissimi agli ordini di S. M. Cristianissima.

In tutte queste calamità ed in questi terrori, Trofarello si distinse per la azione portata alle spalle degli assedianti e per il gran numero di uomini che esso, con gli altri paesi della collina diede al Reggimento della Montagna, fratello di quell’altro formformato dai Valdesi riconoscenti al Duca Vittorio Amedeo per la tolleranza religiosa dimostrata. Tali reggimenti si distinsero in battaglie vere e proprie oltre che per la continua opera di disturbo e di infiltrazione, e quella, di importanza vitale, di protezione dei carichi di munizioni da bocca e da sparo che contrabbandavano coi mezzi più ingegnosi fin dentro le mura.

Questa altissima e valorosissima opera costò molto cara ai Trofarellesi: il paese venne raso al suolo dai Francesi del de La Feuillade, ed anche il Castello in questo doloroso frangente venne incendiato e per la maggior parte distrutto, dato che era praticamente abbandonato, essendo il Conte Ignazio Giacinto Vagnone a fianco del Duca, ed i Conti Alessandro ed Alfonso, già colonnelli dell’esercito, ora dimissionari e dati all’organizzazione delle bande partigiane nel Reggimento della Montagna. Impossibile ogni difesa del Castello stesso e delle scorte in esso ammassate dalla popolazione; difesa, per altro, che sarebbe stata inutile, non potendo Trofarello opporsi con successo al Re di Francia.

Arrivato il Principe Eugenio, Torino si sbloccò, e passò al contrattacco il 7 settembre. Nello sfondamento si distinse il reggimento della Guardia del Rè, in cui era Ignazio Giacinto Vagnone, che caricò seguendo il duca Vittorio Amedeo. La battaglia di Torino era vinta! Ma la pace non era ancora scesa su Trofarello, il quale al 14 settembre 1706 si vedeva imporre di mandare un congrue numero di pionieri con badili, zappe e vanghe per spianare il terreno guastato dall’assedio attorno a Torino. Trofarello, stremata non può inviare gli uomini richiesti e allora viene multata dalla severa giustizia Reale che le impone il mantenimento di quattro granatieri. La tragedia non accennava a finire: le campagne erano infestate da soldati di tutti i partiti e nazionalità che si davano al facile, in quei tempi, mestiere di predoni. Infatti il Comandante del reggimento austriaco di Schoemberg mandava ad avvisare i Signori Sindaci di Trofarello che darà lire settanta per ogni disertore a piedi od a cavallo che gli verrà riportato a Torino.

Firmata la pace di Utrecht e di Rastadt, Vittorio Amedeo ebbe quanto gli era stato promesso. Tuttavia qualche anno dopo dovette perdere, a favore della Spagna, la Sicilia riavendo la Sardegna. Immediatamente aveva intrapreso la organizzazione del Piemonte: diede sede stabile all’Università e fondò il Collegio delle Provincie dei quali fu Riformatore e Governatore rispettivamente nel 1753 e 1761 Ignazio Giacinto dei Vagnoni di Trofarello poi Vescovo di Alba.

Frattanto Vittorio Amedeo aveva abdicato a favore del figlio, ma non riuscendo a restare in posizione di sott’ordine tentava di reinserirsi nella vita politica minacciando di portare il paese a guerra civile. Alcuni gentiluomini lo arrestarono a Moncalieri e lo tradussero in Rivoli ove ebbe a compagno e custode un antico e fedele ufficiale della sua Guardia, il conte Ignazio Vagnone di Trofarello che lo accompagnò fino alla ultima residenza datagli nel castello: di Moncalieri ove poi gli spirò fra le braccia. Il figlio di Vittorio Amedeo, Carlo Emanuele, promosse per meriti speciali e di guerra il Vagnone affidandogli poi il governatorato di Mortara e della Lomellina.

Il nostro Piemonte uscito da tante convulsioni si andava assestando ed in breve divenne uno stato che i governanti di tutta Europa portarono come modello. Sebbene il cosiddetto dispotismo illuminato non toccasse molto i Savoia, questi si diedero da fare per avere un esercito tra i più efficienti del mondo di allora, esercito che più tardi diverrà celeberrimo in tante e tante battaglie combattute contro le soverchianti forze austriache durante le campagne dell’Indipendenza una accademia Militare dove ogni stato inviava sua gioventù ad allenarsi al mestiere delle armi, un invidiato benessere, un fiorire di industrie ed… il gioco dell’archibugio.

Nella mentalità guerriera del tempo, assieme alle domenicali esercitazioni sui sagrati delle Chiese, rientrava anche una specie di Tiro a Segno che a Trofarello ebbe, a quanto ci consta, anche una pompa esterna davvero imponente, fatta di bandiere, stendardi, ed, ovviamente anche di archibugi, come quello, ultimamente rinvenuto nella Chiesa di Santa Croce, provvisto di un sistema di mirini protetti e munito di due sensibilissimi grilletti.

Ma, fra le convulsioni dei precitati tempi, partiva da Trofarello anche un missionario, salito alla gloria degli altari come Beato e Martire. Parliamo di Alfonso Vagnone di Trofarello, Gesuita, che giovanissimo abbandonò il nostro ridente paese per portare la parola di Cristo nella lontana Cina. Egli, con gli altri confratelli fondò la prima Chiesa Cattolica in Nanchino, e uomo dottissimo convertì molti ottimati del luogo alla vera religione. Scrisse in lingua Cinese molte opere di scienza e di Religione, opere tutt’ora vive, come il suo Catechismo Cinese, ancora nel 1905 stampato e tradotto in Coreano. Morì a Chian-Ceu il 19-5-1640.

Tratto da “Storia di Trofarello” di Filippo Vagnone (1961)[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]