Commitment devices: cosa sono i “dispositivi di impegno”

Commitment devices: cosa sono i “dispositivi di impegno”

I dispositivi di impegno sono quei processi che si attivano quando ci si costringe ad una linea di condotta che altrimenti non si sarebbe scelto.

Un esempio è semplicemente quello delle persone che si impegnano una attività, grande o piccola, e soprattutto quando tale impegno è preso pubblicamente: la condivisione altera il modo in cui pensano di dover comportarsi e successivamente si sforzano di agire in conformità con le aspettative generate nel loro pubblico.

Come far votare le persone

I dispositivi di impegno possono essere utilizzati per aumentare la probabilità che le persone votino. Una tattica è chiamare i potenziali elettori e chiedere loro se hanno intenzione di votare. Poiché il voto viene visto come un dovere civico, le persone tendono a dire di sì e quindi è più probabile che in seguito ad averlo affermato, poi effettivamente votino.

Anche il semplice utilizzo del termine “elettore” ha un impatto, perché influisce sulla nostra identità.

Un’altra strategia è dire ai potenziali elettori che verranno contattati dopo il giorno delle votazioni per approfondire la loro esperienza (no, non per chiedere se “hanno votato bene”). Poiché gli elettori hanno una maggior percezione di essere scoperti se non mantengono il loro impegno, una percentuale significativamente maggiore di loro finirà per votare, indipendentemente dal fatto che l’indagine successiva venga poi fatta o no.

Ulteriori informazioni, esempi e storie di strategie di impegno si possono trovare in questo interessante archivio.

L’effetto “piede nella porta”

Convincere qualcuno a fare un piccolo passo verso l’impegno in qualcosa, aumenta notevolmente la probabilità che si impegni completamente. Gli psicologi chiamano questo “effetto piede nella porta”.

I venditori porta a porta furono tra i primi scopritori ed utilizzatori di questo effetto, utilizzandolo come una tecnica per iniziare una conversazione con potenziali clienti. Le parole “Posso farti una domanda veloce”, “Qual è l’ultimo libro che hai letto?” ecc. risultano come un ormai piuttosto inflazionato espediente.

Lo stesso espediente è anche comunemente (e massivamente) utilizzato come strumento di marketing sotto forma di promozioni “prova gratuite” e “garanzia di rimborso di 28 giorni”, o, in ambito digitale “Iscriviti alla newsletter per ricevere la nostra guida gratuita su come diventare l’uomo più ricco del mondo in 3 semplici mosse”.

Un’occhiata al lavoro del Prof Robert Cialdini è illuminante in merito, grazie ad alcuni eccellenti esempi di impegno, tra cui uno su “come ridurre la guida imprudente nei sobborghi degli Stati Uniti.

L’effetto IKEA

Un’esperienza che può essere capitata a tutti è quella di rivendere un armadio o un mobile assemblato con le proprie mani… e di aver ricevuto un’offerta talmente bassa da sentirsi quasi indignati ed offesi.

Quella sensazione significa che si sta sperimentando “l’effetto IKEA”.

 

In parole povere, l’effetto Ikea è l’attribuzione di un valore sproporzionatamente alto alle cose che abbiamo aiutato a creare.

Il primo esperimento che ha illustrato l’effetto Ikea è stato quello portato avanti da Dan Ariely, Michael Norton e Daniel Mochon nel 2011. Nell’esperimento a due gruppi di partecipanti sono state date scatole IKEA (e per la verità, anche origami). Al primo gruppo sono state date scatole completamente assemblate, mentre al secondo sono state date scatole non assemblate che i partecipanti hanno dovuto mettere costruire: chi si è dedicato anche alla fattiva “costruzione” dei prodotti è poi risultato disposto a spendere di più per averli.