Alone in the Trip

Alone in the Trip

Alone in the trip: 09 agosto – ore 09.20

Per i puristi del Cammino questo è un post da non leggere.

Ieri sera alla fine mi sono messo a letto presto, per sentire poi durante la notte delle forti esplosioni. Simili a fuochi d’artificio ma più secche. Alle 5.45 mi sono alzato e preparato, poi ho fatto in tempo a sentire degli italiani (sì, confesso di averli evitati, pur avendo ritrovato il bergamasco che in realtà è veneto) dare la loro spiegazione: “ah, sono gli spagnoli che per fare scherzi e dispetti ai pellegrini sparano tutta la notte!”, e me ne sono andato sotto una sottile pioggerellina.

In pratica ho scavallato una collina, dietro al monastero, al buio. È stato fichissimo. All’inizio mi sembrava un’era geologica diversa, essendo in un bosco col tipico sentierino stretto. Poi con l’attrezzatura (k-way, cappello da pioggia, torcia da speleologo sopra il cappello da pioggia) l’ambientazione è diventata più da Prometheus (film orrendo, ma bei paesaggi pure lì). Alle 6.30 non è partito nessuno ma voglio prendermi comoda una tappa difficile (perché abbastanza lunga e abbastanza dura, di solito o sono dure e corte, o più facili e lunghe): il risultato è stato arrivare a Salas alle 9 e rotti e adesso essere in intervallo. Alle 7.15 circa è cominciata a venir fuori la luce.

Non è proprio che piova, è più simile a nevischio o a essere dentro ad una nuvola: ci sono goccioline d’acqua sospese in aria. Comunque dopo il primo trip, finita la collina aliena, sono uscito su uno scenario da videogioco. Una cava di cemento enorme, con grossi mezzi in movimento che facevano cose, sembrava per rumori e tutto il resto Half Life. Stando ben attento a non farmi vedere dai Covenant (ok, quelli sono in Halo, ma ci sta lo stesso) ho imboccato una valle che poi ho percorso tutta.

La quest della mattinata è stata non pestare le lumachine, che hanno manie suicide e costellano la strada. Ogni “crack” di guscio schiacciato è una fitta al cuore, per cui oltre a parlare con le paline che indicano il percorso ho fatto attenzione alle piccole e lente amiche con i cornini.

La morale che ho tratto da tutto ciò è che trippare aiuta. Una volta trippavo tantissimo (trip = farsi viaggi mentali assurdi), poi vivendo un eccessivo scollamento dalla realtà mi sono impegnato a smettere. Un esempio? Se faccio un volantinaggio per un partito politico e parte il trip, vivo mille episodi fino ai miei sessant’anni in cui divento parlamentare, ministro, rifiuto mazzette, divento famoso, salvo la patria ecc… E poi mi ritrovo coi volantini in mano e son passati due minuti. E soffro perché non riconosco la realtà. Esagerandola un po’ eh.

Ebbene, ho formulato tutta una teoria dei trip, in particolare col mio amico Testa. E poi sono diventato concreto. Forse è ora di tornare sui miei passi e imparare a gestirli.
Tra l’altro nota trash: mi mancano i miei amici. Ho ricordato in diversi punti soste fatte con loro, nel 2011. Anche se ormai saranno quasi in Mongolia e sarei potuto essere in auto anch’io, alla prova dei fatti ci sono affezionato. Il che è un’ammissione d’affetto che, mascolinamente, non mi ero mai concesso.

Ore 11.30. Il terzo trip. È appena finito. Sono nello stesso posto in cui nel 2011 ho fatto la foto a braccia aperte che faccio pausa, come allora.
Continua la nebbia e ricrea un limbo bagnato in cui non c’è un’ora specifica. La luce è uguale alle 8, in un presente assoluto in cui cammino. Non c’è un prima, non c’è un dopo. Vedo ciò che mi circonda ma non più in là… Ho anche fatto tante foto cercando di cogliere il mood, che è lo stesso di The Road, per i conoscitori.

Il pezzo più da trip post-apocalittico è stato un tratto a bordo statale. NESSUNA macchina. Sopra, i piloni dell’autostrada. NESSUNA macchina. L’unico suono ad un certo punto, di nuovo nel bosco, il fischio di un treno (prigionieri degli alieni, chiaramente).

Da aggiungere, non l’ho annotato, che è pieno di case in rovina e abbandonate che aumentano decisamente la suggestione.

Adesso mentre sono fermo si son fermati due pellegrini madrilegni e ne son passati altri due italiani (il bellunese che pensavo bergamasco e un altro, entrambi sulla cinquantina). S’è rotto l’incanto, ma in realtà già da quando negli ultimi metri ho fatto coda dietro una mandria di mucche.

Ora riparto, più tardi una riflessione sulle fonti d’acqua.

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1 Comment

  • Mr O Posted Agosto 9, 2014 10:06 pm

    Non smettere mai di trippare, Johnny! Buen camino da un amico.

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